Il Brachetto d’Acqui DOCG tappo raso e spumante

Il Brachetto d’Acqui DOCG

Esistono tre tipologie di Brachetto d’Acqui: il vino rosso (detto “tappo raso” per distinguerlo dal vino spumante che usa il tappo “a fungo”), lo spumante e il vino passito. Il riconoscimento ufficiale della Docg (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita, la più alta tutela e garanzia per un vino in Italia) è avvenuto nel 1996 grazie al lavoro e alle azioni del Consorzio di tutela. Il metodo di produzione applicato per la quasi totale produzione del Brachetto d’Acqui spumante docg (eccetto alcune produzioni di nicchia) è il “Metodo Martinotti”, inventato alla fine del Diciannovesimo secolo da Federico Martinotti che fu direttore per l’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti. In questo processo la fermentazione avviene in un’autoclave (una grande vasca di acciaio) pressurizzata e a temperatura controllata, per un periodo di 30 giorni, durante il quale gli zuccheri presenti vengono trasformati in alcol e anidride carbonica a opera dei lieviti. Il prodotto della spumantizzazione viene quindi subito imbottigliato ed è pronto per essere consumato dopo alcune settimane di riposo in bottiglia.

Dall’uva al vino

Il grappolo di Brachetto è ricco, con acini sodi di colore rosso scuro e ricchi di pruina, ma la sua peculiarità e la sua ricchezza stanno nel suo alto contenuto zuccherino e nella forte carica aromatica conferita dai terpeni, cioè gli aromi primari contenuti nella buccia dell’uva e conferiscono sentori di fiori o di frutta. Un aroma caratteristico percepibile già nel vigneto con il suo inconfondibile profumo di rosa. Cura e attenzione in fase di raccolta dei grappoli maturi aiutano a preservare intatti questi preziosi elementi che ritorneranno vivi e gioiosi al momento dell’assaggio.

La Leggenda del Brachetto

Come tutti i veri protagonisti anche la storia del Brachetto è intrisa di fascino e leggenda. Una delle più suggestive e maliziose racconta che al “VINUM ACQUENSE”, come era chiamato nell’antichità il Brachetto, si attribuissero virtù afrodisiache. Era credenza comune, infatti, che all’epoca dell’Impero Romano, Giulio Cesare prima e Marco Antonio poi, facessero precedere il loro arrivo in Egitto, alla corte della bella Cleopatra, da otri di “vinum acquense”, apprezzatissimo dalla Regina per il gusto prelibato e anche per l’effetto di risvegliare gli ardori dei suoi leggendari amanti. Un filo diretto che si snoda attraverso storia, territorio e comuni caratteristiche, sembrerebbe, dunque, legare il “VINUM ACQUENSE” all’attuale Brachetto che può fregiarsi di diritto del titolo di suo discendente, in quanto a quel tempo già presente ad Acqui Terme e nel suo circondario.

La storia del Brachetto d’Acqui docg

In età moderna, nel 1817, il naturalista Gallesio lo definisce “VINO CELEBRE” classificandolo vino da dessert che risultava alcolico e poco colorato, che invecchiando assumeva il sapore del Porto o del vino Xeres e riferisce che il Brachetto, dolce o spumante, era conosciuto e commercializzato con successo nei mercati dell’America Meridionale: da ciò si può dedurre che la produzione in quel periodo doveva essere di entità tutt’altro che trascurabile. La prima definizione ufficiale è del 1922 a firma di Garino Canina, che ne fu il vero classificatore scientifico “Tra i vini di lusso il Brachetto appartiene alla categoria dei vini rossi dolci ed aromatici: è infatti un vino con profumo speciale, moderatamente alcolico e zuccherino, non molto colorito che per lo più si consuma spumeggiante o spumante”
Tra le varie notizie che il Canina dava, molto importanti dal punto di vista storico, una delle più interessanti riguarda il fatto che il Brachetto fosse diffuso in particolare nel circondario di Acqui e di Nizza Monferrato, indicando, però, una produzione per il mercato di soli 500 hl.
Che cosa aveva quasi fatto scomparire un vino che solo 50 anni prima era oggetto di attiva esportazione?
L’avvento della filossera aveva, alla fine della prima guerra mondiale, devastato i vigneti: i vignaioli, al momento di reimpiantarli, avevano privilegiato altri vitigni che assecondavano maggiormente le tendenze del mercato, a discapito di questa varietà che richiedeva attenzione e cure particolari. Inizia così il suo secondo sonno. Il risveglio è storia recente: Intorno agli anni 50, dalle colline del sud Piemonte dove la produzione continuava in piccole nicchie di stimatori, un produttore rispettoso della tradizione ma lungimirante quale Arturo Bersano, mise a punto un Brachetto spumante elaborato in autoclave con metodo charmat. Da allora il Brachetto ha continuato il suo percorso di protagonista tra i grandi vini aromatici, tra i quali si distingue per le proprie particolarità e apprezzamento degli intenditori più raffinati.

CONSIGLI di CONSUMO del BRACHETTO D’ACQUI DOCG

Per il Brachetto d’Acqui docg la temperatura ottimale di degustazione consigliata è compresa fra 8 e 12° C. È bene ricordare che la temperatura di servizio non dovrebbe mai essere eccessivamente bassa, poiché il freddo tende a bloccare i profumi del vino, che di conseguenza non si sprigionano e non arrivano al palato. Grazie alla sua gradazione alcolica contenuta, il Brachetto d’Acqui ben si presta ad accompagnare soprattutto i dessert e la frutta, regalando momenti di vero piacere anche ai palati meno esperti. Ottimo con le fragole fresche o le pesche di stagione. Gli aromi e i profumi della frutta si mescolano a quelli del vino, regalando sensazioni piacevoli e intensi profumi floreali.
Il Brachetto d’Acqui docg è molto apprezzato anche nella preparazione della mixology, abbinandosi in modo eccellente non solo al gusto dolce, ma anche al salato. Da provare con formaggi e salumi e con pane burro e acciughe.